venerdì 26 febbraio 2010
La preparazione degli oleoliti spagyrici sarebbe preferibile praticarla nei periodi che vanno dalla Luna Piena di Maggio alla Luna Piena di Settembre e prevede la messa in infusione della pianta fresca asciutta (colta nel suo periodo balsamico in orario assolato da mezzogiorno alle due, oppure, per alcuni, nell’ora diurna posta tradizionalmente sotto “la giurisdizione del pianeta dominante la pianta stessa”) o secca, in olio, come già indicato per l’oleolito erboristico. L’olio più utilizzato è quello di oliva extravergine, ma spesso è usato anche olio di ricino, che già di per sé offre caratteristiche curative peculiari, quali: essere antisettico, disinfettante, antimicotico e calmante nel caso di dermatiti.
Ora, non essendo io un esperta in Spagyria, posso solo raccontarvi come si operava ai tempi dei guaritori popolari (che non erano certo esperti spagirici-speziali, anche se le loro vecchie modalità risultano ancora oggi diverse dal solito oleolito erboristico.
-Si riempiva il barattolo metà di erba e si ricopriva del doppio con l’olio, si lascia un terzo del barattolo vuoto e si chiudeva ermeticamente.
Il barattolo, anche a seconda della pianta, andava tenuto per circa 28 giorni fuori, esposto al sole e alla luna e andava agitato ‘d’obbligo’ per una volta al giorno, preferibilmente dopo il tramonto del sole. La preparazione dell’oleolito, esponendolo ai raggi solari, permetteva di fondere i “magnetismi” della pianta con quello dell’olio stesso, magnetismi a cui, naturalmente, si aggiungevano quello del caldo Sole e della notturna Luna, che sapeva “disinfettare argentandola” l’infusione, caricandola con la sue diverse fasi di luce lunare.
- Alla fine del tempo si filtrava, si strizzava, torchiando la pianta per recuperare il più possibile l’olio intriso del passaggio medicamentoso delle erbe.

- A questo punto, l’erba strizzata si poneva in una pentola vecchia e si bruciava fuori, all’aria, fino a far diventare il residuo delle piante cenere. In questa cenere "preziosa" erano i Sali stessi della pianta messa in infusione nell’olio, che non si erano sicuramente disciolti in esso.
- La cenere veniva posta poi in una pentola di coccio pregiato, o porcellana da fuoco, su fuoco lentissimo, ricoperta di acqua piovana filtrata oppure da acqua distillata, e si portava a evaporazione, procedimento da ripetere 2, 3 o più volte fino a ottenere che la cenere si fosse trasformata in sale bianchissimo.
- Quindi, ancora calda si aggiungeva all’oleolito precedentemente filtrato, rimettendo il barattolo chiuso per ancora un ciclo lunare (circa un mese) esposto all’esterno, come prima, solo che stavolta si agitava molto di meno, una o due volte all’inizio e poi bastava.
- Dopodiché, al passare della lunazione, si rientrava il tutto, si filtrava ancora con una garza fitta di cotone e si poneva in bottiglie di vetro scuro, conservandolo al buio, a temperatura costante, lontano da eccessivi sbalzi termici.
Per l’oleolito di Calendula, di bacche di Alloro, di Bardana radice, quando avevo tempo li elaboravo ancora cosi e, almeno per me, sembravano possedere virtù maggiori dell’altra macerazione d’oleolito erboristico. (Virtù che vi racconterò in un prossimo post)
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PS: la seconda immagine é sale derivato dalla cozione dei residui di una pianta macerata in olio, quasi ultimato, mancherebbero ancora "due ri-cotture" . (immagine presa dal web)
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giovedì 25 febbraio 2010
Le api sono insetti estremamente sensibili all'inquinamento. Non sono mai stati riscontrati casi di inquinamento nel miele ad opera delle api, in quanto se ammalate esse muoiono prima di poterlo accumulare.
Il miele è un prodotto alimentare che le api producono dal nettare dei fiori. Questo viene bottinato e trasformato, grazie a delle sostanze specifiche proprie delle api, per poi essere immagazzinato e lasciato maturare nei favi dell'alveare. Il miele è costituito principalmente da zuccheri monosaccaridi quali fruttosio e glucosio. La diversa predominanza dell'uno sull'altro determina, con l'abbassarsi delle temperature, la cristallizzazione o meno del miele. Mieli ricchi in fruttosio, si dice, tendono a rimanere liquidi a lungo, mentre i mieli ricchi in glucosio tendono a cristallizzare col tempo. Si consiglia di usare il miele ad un massimo di temperatura inferiore ai 40° centigradi per non variarne le preziose virtù e caratteristiche organolettiche.
Inoltre, non era buon uso dare da mangiare il miele a bambini sotto i 16 mesi di età.
Oltre ad essere un alimento medicamentoso (se non si è allergici ) di per se, con il miele è possibile fare i Melliti, che sono miscele di miele ed estratti erboristici o decotti, al fine di ottenere preparati specifici.


La mia esperienza è quella di fare un Mellito anti-tosse e mi procuro del miele di eucalipto (o di acacia) biologico, ad un barattolino da 100 grammi aggiungo 40-50 gocce di Tintura di Propoli, 5-10 gocce di Olio essenziale di Eucalipto, 20-30 gocce di Olio Essenziale di Pino Mugo. Mescolo il tutto mettendo il barattolo con il miele a bagno-maria (cosi da intiepidirlo e favorire la mescolanza), aggiungendo le sostanze suddette girando con un cucchiaino di legno. Questo Mellito ha qualità espettoranti, calmanti e antibiotiche per la tosse, molto indicato per ragazzi e per chiunque sopporti il miele, da prendersi come uno sciroppo da 3 a più volte al giorno.
Gli Oli essenziali, di cui parleremo in seguito, sono un prodotto di complicata estrazione ed è bene acquistarli presso erboristeria di fiducia, sono abbastanza cari se puri, sono concentratissimi, non hanno scadenza se conservati bene, e sono utili per molte altre applicazioni che vedremo.
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domenica 21 febbraio 2010
Una volta, i fasci di erbe seccate appese alle travi, usate per insaporire i cibi, per profumare la biancheria e i capi d'abbigliamento, per scopi medicinali, erano usate anche per trasmettere la conoscenza dell'uso delle piante ai più giovani, soprattutto nelle sale dei monasteri medievali, dove erano insegnate ai novizi. “Il principio alla base della creazione di un Hortus siccus ossia l’erbario secco, è la convinzione che nessuna rappresentazione riflette adeguatamente e completamente tutti gli aspetti della realtà; pertanto i nomi delle piante devono essere ancorati non già ad un disegno, ad una fotografia, ad un'immagine digitale, ma ad una vera pianta”. L’erbario secco fu importantissima invenzione antica, utile ancora oggi per catalogare le specie negli Orti Botanici nazionali e mondiali. Per le nostre esigenze di studio attuali, secondo me abbiamo le foto, internet e passeggiate con esperti che ci aiuteranno nel loro riconoscimento. Ho sempre trovato però molto utile per i bambini e i ragazzi la costruzione di un erbario a cui appassionasi, guidati da adulti preparati .

Gli strumenti per la raccolta di campioni d'erbario sono: la pressa portatile, la carta assorbente, i fogli di giornale, le cesoie e una lama per tagliare nettamente i rami più spessi.
Le piante che vogliamo studiare, le riconosciamo con l’aiuto di un esperto, le raccogliamo direttamente dal campo, avendo cura di scegliere per il prelievo esemplari possibilmente completi di tutti gli organi vegetali - radici, fusto, foglie, fiori, se possibile anche frutti e semi; nel caso di esemplari a portamento cespuglioso o arboreo, si preferisce recidere un rametto anch'esso completo - vengono disseccate dopo essere state classificate, sottoponendole ciascuna a una forte pressione, tra due fogli di carta assorbente (va bene anche un cartoncino poroso a contatto con la pianta e fogli di giornale per assorbire umidità, su cui si appoggeranno dei libri pesanti) e lasciandole quindi seccare per qualche ora, per ripetere poi più volte la stessa operazione con nuovi fogli.
Successivamente, gli esemplari sono attaccati singolarmente - talvolta, se le dimensioni lo consentono, anche due o tre, purché della stessa specie e raccolti nella stessa data e località - su fogli di carta resistente, di solito mediante spille e striscioline di carta gommata (una volta venivano incollati completamente sulla carta), cercando di fissarli in modo che presentino gli organi più significativi e meglio conservati rivolti verso l'occhio dell'osservatore. Ogni foglio deve avere un'etichetta dove sono riportati: luogo e data della raccolta (possibilmente anche stazione, natura del terreno, altezza sul livello del mare ed altri dati ecologici - nome del raccoglitore e del determinatore esperto). Si raccomanda di farlo solo se si vede che di quella pianta ce ne sono molte altre in loco, proprio per non disturbare la propagazione della specie.
Per gli appassionati, ecco alcuni degli Orti e Giardini Botanici visitabili in Italia:
http://it.wikipedia.org/wiki/Elenco_degli_orti_botanici_in_Italia
Il video "Cacciatori di piante" sulla storia e pratica degli Orti Botanici, descrive, fra l'altro,
la costruzione pratica di un erbario...


Quando ci capita di osservare un campo abbandonato, lo vediamo pieno di “erbacce”.
Sono proprio quelle erbe le prime amiche della terra, perché la rinnovano e richiamano vita nuova…
Un pò come dovrebbe succedere fra le genti del mondo…
Gli anziani mi dicevano che c’é un potere speciale nelle erbe,
così come nell’amicizia fra gli esseri umani:



Attraverso di essa, i pensieri passano da uno all’altro e ogni persona è completata nell’essere sostenuta e, a sua volta, nel sostentare migliore tutta la società. Se uno ha l’amore degli amici veri, lui vede i meriti dell’amico e non le sue colpe. Si deduce che se lui vede un ostacolo nell’amico, è un segno che l’ostacolo è dentro di lui. Perciò, deve vedere che non è il suo amico che ha bisogno di correzione, ma lui stesso ne ha bisogno….
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PS: l'immagine é un dipinto di Matisse
venerdì 19 febbraio 2010
Ringraziando la vita

(dedicata ad un amica)

Seguo nelle foglie e nei fiori,
nelle bacche aromatiche
lezioni d’amore
e di onesta pietà.
E se il vasto mondo ruota
raccontando paura, dolore, perplessità,
costruirò la mia casa nei campi
e sarà solo il cielo il mio tetto,

il profumo dei fiori selvatici
l’aria che respirerò,
infusi di erbe ed acqua di fonte
ciò che berrò

ringraziando la vita.
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Chiara Dossena

E' la splendida poesia,
amichevole pensiero da chi,
come lei, ha il dono di “dipinger” la vita in versi,
autrice del bog:
http://chiarabella.splinder.com/ che Ringrazio di cuore.
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mercoledì 17 febbraio 2010
Secondo gli antichi speziali farmacisti medici ed alchimisti, la materia derivava da tre elementi : Sale Zolfo e Mercurio. Da questi, derivavano altre sostanze come (giusto per accennare a qualche esempio) il Nitro che si respira nell’aria; l’Azoto, ossia il tartaro che si deposita sulla terra, ed il Vitriol che si deposita nella profondità della terra e costituisce la grassezza del suolo. La materia inoltre è correlata con i simboli di corpo/ sale, anima/zolfo e spirito/mercurio e con i principi di maschile- femminile e neutro. Poi ci sono i quattro principi: fuoco, aria, acqua e terra. Nella pratica spagirica l’arte del dividere e riunire ossia il “solve et coagula”, era rivolta esclusivamente ai regni minerale e vegetale. Essere “Spagyro” era condizione propedeutica per diventare Alchimista.
Alle piante, poi, erano anche collegati i significati astrologici con i sette pianeti per studi di similitudine.
I vecchi scritti che ci sono pervenuti, sono redatti in un linguaggio simbolico, per difendere gli autori dalle persecuzioni ecclesiastiche o del potere dell’epoca. Nei testi di Basilio Valentino, alchimista medievale, http://www.esopedia.it/index.php?title=Basilio_Valentino
si diceva che :
“Il cuore è l’organo presieduto dal Sole, e dalla sua carica energetica dipende la capacità minore o maggiore di sopportare quello stato necessario alla ricerca interiore che chiamiamo solitudine. L’accettazione gioiosa del cuore solitario che prescinde dall’essere solo tra la gente permette l’impermeabilità dell’essere non più mutevole o influenzabile, ma presente a se stesso. Se non si è carichi dell’energia solare non si possono affrontare le prove dello sviluppo interiore”.
Appare oggi come una ben originale chiave di lettura.. Sì, perché ci porta a riflettere sull’aspetto psicosomatico del cuore, dove si potrebbe trovare un collegamento tra depressione latente e disturbo cardiaco; nell’Omeopatia (scienza medica che non è frutto di una scoperta occasionale, ma ha radici profonde nel pensiero medico di almeno tre personalità come Ippocrate , Paracelso, Hanneman ) questo concetto viene definito “metastasi”, non le metastasi dei tumori: ma da intendersi come quando un disturbo soppresso o censurato si sposta sul primo organo pronto ad accoglierlo.
Nella tradizione popolare europea e mediterranea, si sono tramandate oralmente alcune delle tecniche di trasformazioni vegetali e minerali per la cura di alcune malattie, di cui ho solo un’esperienza pratica nel preparare, quando mi necessitano, Tinture Madri ed Oleoliti Spagyrici, che vi racconterò nel proseguo…
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PS:
per chi interessato a leggere qualche semplice metodica d’uso sull’Astrologia e i rimedi collegati alle piante:
http://www.macrolibrarsi.it/libri/__lerbario_degli_dei.php


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martedì 16 febbraio 2010
Jean Valnet, medico e ricercatore francese, é considerato uno dei pionieri della fitoterapia, e le sue opere, diffuse in tutto il mondo finalmente tornano in italiano per le edizioni Giunti.
Fondatore della Società Francese di Fitoterapia e Aromaterapia, si é adoperato per tutta la vita a cercare le radici scientifiche dell'efficacia di molti "rimedi della nonna".
La sua attività ha portato a riscoprire il grande valore di quelle piante che la tradizione erboristica europea usava da millenni come cura e prevenzione delle malattie.
Nell'era degli antibiotici, degli ormoni, dei cortisonici, dell'abuso di farmaci e dell'adulterazione di cibi, il suo appello a rivalutare l'attività curativa naturale delle piante che ci circondano e dei loro succhi, sembra fuori della realtà. Eppure contiene, al tempo stesso, il fascino dei tempi andati, più armonici, e quello di un futuro possibile, dove decotti e tisane, impiastri e ricette culinarie rappresentino una completa farmacopea naturale. Il suo lavoro è oggi di nuovo disponibile in italiano presso "Giunti editore", in comodi volumi, tutti interessantissimi. E’ proprio fra questi testi (di una vecchia edizione sempre di Giunti del 1978) che trovai fiducia maggiore a praticare i consigli che mi avevano accompagnato durante l’infanzia sul regno verde. I titoli, tutti di Jean Valnet ed altri suoi assistenti, sono d’assoluta utilità per lo studio e la consultazione, e sono:
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Cura delle malattie con ortaggi, frutta e cereali
Giunti editore - pag. 512 - €. 12.50
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Fitoterapia, guarire con le piante
Giunti editore -pag. 720- €. 14.50
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Aromaterapia
guarire con le essenze delle piante
Giunti editore- pag. 432- €. 11.00
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Troverete maggiori informazione a questo link :
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lunedì 15 febbraio 2010
Con il sapore d’un fiore, tutto t'apparirà migliore”. Così era solita dirmi una mia anziana zia quando mi portava a passeggio con lei, (cosa che preoccupava un poco mia madre, perché questa zia sembrava avere il capriccio bizzarro di assaggiare tutti i fiori nuovi che incontrava, abitudine che poi ha passato anche a me). Solo assaggiandoli, mi diceva, avrei imparato qualcosa su di loro e avrei vinto i miei dubbi sul riconoscimento delle piante. Così è stato, che poi le piante che riconosco davvero (che non sono poi tante) riesco ad identificarle pienamente oltre che dal loro aspetto, anche odorandole, ed assaggiandone il loro sapore. E’ certamente più saggio, invece, munirsi di un buon manuale fotografico o meglio, facendoci accompagnare da amici esperti che ci sappiano consigliare sulla scelta in base alle proprietà officinali o alle particolarità del sapore delle piante fiorite. Ricordiamoci che alcune infiorescenze sono tossiche-velenose, come ad esempio ciclamini, azalee, fiori d’oleandro, e poi impariamo a raccogliere solo i fiori inconfutabilmente riconoscibili e commestibili, cercandoli in aeree abbastanza integre (per quanto possibile).
Fra i fiori commestibili che imparai a mangiare in insalate, bibite, dolci e frittate ci sono :
achillea, aglio selvatico, arancio, basilico, borragine, calendula, camomilla, caprifoglio, carota, centaurea, crespino, dente di leone, dalia, erba cipollina, fagiolo, fiordaliso, finocchio selvatico, gelsomino, geranio robertiarum, ginestra, girasole, glicine, ibisco, lavanda, lillà, magnolia, malva, margherita, menta, mirto, nasturzio, papavero, passiflora, pesco, pisello, pratolina, primula, robinia, rosa, rosmarino, rucola selvatica, salvia, sambuco, senape, tarassaco, tiglio, trifoglio, viola del pensiero, viola odorosa e viola tricolor selvatica, zucca, zucchina.
Nello specifico dei sapori o particolarità, provo a riportare quanto segue per alcune di esse:
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Borragine : Pianta selvatica e molto conosciuta da chi pratica questa raccolta con fiori azzurro intenso. Le foglie sono usate per frittate, ripieni o contorni e si raccolgono tra aprile e giugno mentre i fiori utilizzati soprattutto in infusione o per aromatizzare l’aceto, mescolati alle insalate, hanno il sapore che ricorda vagamente il cetriolo o il cocomero. La raccolta va fatta nei mesi di giugno /luglio. L’aspetto ispido della pianta non deve scoraggiare poiché i peli, (così come le foglie di ortica), perdono la loro rigidità (e capacità di “pungere” nel caso dell’ortica) con la cottura. Ottima nelle bevande (in particolare nelle limonate) o nei sorbetti
Calendula :
In cucina è apprezzata con le zuppe di verdure, insalate miste e risotti. Inoltre, essiccata e ridotta in polvere, grazie al suo brillante color arancio dorato, può sostituire il più costoso zafferano (è rinomata, infatti, come “zafferano dei poveri”). Aggiunge un po’ di amarognolo. I fiori della calendula sono buoni sia cotti che crudi.
Fiori di basilico :
Simile a quello delle foglie, ma più intensi, si possono utilizzare nelle stesse pietanze.
Fiori di finocchio : particolarissimi e aromatici, ricordano vagamente nel gusto la liquirizia.
Fiori di rosmarino :
Vanno mangiati crudi e sono ideali per profumare sia carni che pesci.
Gelsomino :
Ha un profumo delicato, sta bene con il pesce. Fiore da aggiungere anche insieme ad un buon tè, in teiera.
Geranio Robertiarum :
Il geranio robertianum è indicato per aromatizzare bevande, conferendogli una fragranza limonata.
Girasole : i
petali giovani hanno un sapore simile al carciofo mentre i più vecchi risultano più amari.
Ibisco viola o rosso :
I fiori vistosi perfetti per decorazioni hanno un sapore di limone addolcito.
Lavanda :
I fiori di questa comune pianta hanno un sapore molto intenso, si raccolgono dalla tarda primavera fino a tutto luglio. In cucina i fiori vengono abbinati a piatti di carne, formaggi e anche per i dessert, perfetti nei panini come aroma, in marmellate o biscotti (in Nord Africa vengono usati essiccati per condire il cous cous con altre varie spezie nella famosa miscela “ras el hanout” http://it.wikipedia.org/wiki/Ras_el_hanout )
Nasturzio :
http://it.wikipedia.org/wiki/Tropaeolum_majus
Questa pianta è commestibile in tutte le sue parti con un buon sapore agro-piccante.Fiori e foglie, molto ricche di vitamina C, possono essere aggiunte alle insalate ed i semi non ancora maturi, si usano in salamoia o sotto sale come i capperi.
Primula : Le foglie si possono consumare in insalata, nelle zuppe o salse mentre i fiori si mettono nelle insalate, in infusione nel vino, nelle bevande alcoliche con frutta, e la radice della primula può essere un aroma per la birra. E’ altro fiore buono per infuso contro la tosse dei bambini
Robinia (Robinia pseudacacia) : È una leguminosa spinosa vigorosissima, comunissima anche nelle città. Con i fiori (bellissimi grappoli bianchi penduli, nel mese di maggio) si fanno buonissime frittelle, dal sapore particolare.
Rosa canina: Questo fiore era il più usato in cucina, i cui piccoli petali decoravano le insalate. . Vanno ricordati i cinorrodi della rosa canina che vengono comunemente usati per confezionare sfiziosi sciroppi e marmellate (magari ne parliamo meglio in un post a parte).
Rucola : Usata in insalata comunemente ma i suoi fiorellini
aggiungono una sensazione di pepato.
Sambuco : I fiori, unica parte commestibile della pianta, sono adatti per sciroppi o liquori o anche per le frittelle dolci; se essiccati servono per le tisane antinfluenzali. La raccolta dei fiori avviene tra aprile e giugno. Non lavare i petali perché vi si toglierebbe il sapore.
Viola odorosa: Da aprile fino a settembre le viole si possono consumare candite o con i dolci o anche in insalata. Perfetti per dessert al cioccolato. Le viole del pensiero colorate di giallo, rosa e blu-viola , hanno un intenso sapore d’erba perfetto con i piatti conditi con aceto balsamico. La viola tricolor piccolissima e selvatica, sta diventando rara, era fra i più potenti febbrifughi e serviva molto per fare oli, tinture e infusi per curare i fibromi.
Da ricordare:
Usate fiori appena sbocciati. I petali vanno separati dal resto del fiore solo all’ultimo momento e se vanno lavati, solo immediatamente prima dell’uso. Si possono conservare i fiori puliti in frigo, avvolti in un panno umido, da tre fino a un massimo di cinque giorni, ma freschi di giornata, al ritorno da una gita fuori porta, ad esempio, sono ovviamente migliori.

Ed eccovi alcuni “Fior di Ricette” :

Frittata di fiori …al forno:
Preparare una pastella con almeno 3 uova, mezzo bicchiere di acqua, formaggio grattato (scegliere fra parmigiano, o pecorino romano o pecorino toscano ben stagionato) pepe o un pizzico di peperoncino. Al composto aggiungere fiori di zucca o di zucchine tagliati a metà, borragine, calendula e malva. Versate il miscuglio in una teglia rivestita con carta da forno ed infornate in forno già riscaldato a 180°. Cuocere fino a quando la frittata si sia rappresa.

Salsa di lavanda e carciofi: Prendere solo le parti tenere delle foglie di carciofo e metterle in acqua con succo di limone per alcuni minuti tagliate finemente. Quindi sciacquarli sotto acqua corrente, asciugarli appena con un canovaccio e metterli a cuocere in una padella con un po' di olio extra vergine di oliva (o olio di Girasole spremuto a freddo, entrambi di provenienza biologica) rosolandoli con poco aglio, aggiungere per la cottura un poco di brodo vegetale (fatto a parte con cipolla, sedano, bietole, foglie di malva, menta o mentuccia, pomodoro appena) per almeno 10-15 minuti. A questo punto, versare nella padella la pasta (o il riso) già cotta a fatela ‘saltare’ per un paio di minuti con aggiunta di formaggio e sale. Versarla nel piatto guarnendola con fiori di lavanda.

Insalata di erbe e fiori: In parti uguali mettere tenere foglie di malva, crescione, tarassaco, acetosa, borragine, pratolina. Condirle e guarnirle con pochi fiori di malva, petali di rosa canina e pratolina. Oliare, salare appena e lasciar riposare un 5 minuti, girandola un paio di volte con un cucchiaio.

Frittelle ai fiori di sambuco: Preparate una pastella con il latte (vanno bene anche latti vegetali, come quello di soia o di riso) al posto dell'acqua, due tuorli di uovo, pochissimo burro fuso (io non lo metto per intolleranze alimentari personali), un po' di miele e un pizzico di sale. Mescolare accuratamente ed aggiungere i bianchi delle uova montati a neve. Immergere i fiori di sambuco, accuratamente puliti, nella pastella e friggete in olio extra vergine di oliva. Quando pronte cospargetele di zucchero di canna o con un poco di fruttosio.

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domenica 14 febbraio 2010
L'immagine qui sopra addolcisce ricordi di un tempo passato...Vi accenerò, invece, alle frodi alimentari.
Le frodi alimentari hanno caratterizzato la storia del commercio fin dall’antichità. In Italia ed in Europa non soffriamo più la fame del dopoguerra, è vero. Nonostante l’abbondanza di cibo, oggi mangiare sano è il problema di tutti e per farlo, dovremo acquisire una maggiore consapevolezza delle condizioni di vita che preferiamo per noi stessi, per i nostri figli e per la Natura in cui siamo immersi. In questo percorso di tutela della nostra salute possiamo farci aiutare, informandoci al meglio, consultando anche siti di difesa dei consumatori, che si trovano alla voce ”difesa del consumatore alimentare sui motori di ricerca Internet. Generalmente, ci viene consigliato da queste associazioni di cominciare con il preferire l’acquisto di alimenti base semplici piuttosto che troppo manipolati, perché più sono gli interventi di manipolazione prima della vendita al consumatore più aumentano le occasioni di adulterazione, sofisticazione e contraffazione. Per verdura, frutta ed ortaggi, carni, uova e pollami è più conveniente cercare il rapporto diretto con il contadino (magari biologico o biodinamico consapevole, cosa che diventa sempre più difficile, anche in questo ambito, proteggere noi stessi e le colture), per chi vive al mare o in collina, o in città, contattare direttamente e in gruppi di acquisto affidabili, consorzi di pescatori : sanno molto di più su come è stato coltivato (o pescato) il prodotto e si può instaurare un buon rapporto di fiducia. Sembra che le leggi ci difendano dalle frodi del passato, ma…è che ne abbiamo inventate di più tecnologiche! Ecco solo alcune, fra le “piccole frodi” alimentari presenti negli alimenti che acquistiamo, tralascio volutamente le aberrazioni massime che troverete sui siti di ricerca, e tralascio, per ora, le perversioni rivoluzionarie di "sicurezza " del Codex Alimetarius, ormai in vigore legale, dal Gennaio 2010 in tutta Europa:
Per i formaggi:
aggiunta di fecola o di farina di patate o di amidi per aumentarne il peso; aggiunta di grassi, soprattutto margarina, per ottenere con la correzione della quantità lipidica un formaggio specifico; aggiunta di sostanze coloranti o minerali; aggiunta di pectine e gomme viniliche ai formaggi molli per ottenere maggiore compattezza; aggiunta di formaldeide ai formaggi duri a scopo disinfettante per mascherare difetti di lavorazione dovuti al’utilizzo di latte scadente; vendita di formaggi di provenienza diversa o estera come tipici o DOP; formaggi pecorini e mozzarelle di bufala con parte di latte vaccino; formaggi prodotti con latte in polvere ricostituito (consentito in altri paesi); attribuzione della designazione di formaggio doc a formaggi comuni;
Per le carni, ( quando ci dice bene):
animali di tagli meno pregiati per tagli pregiati (es. lombata del quarto anteriore per lombata del quarto posteriore o filetto); animali della stessa specie ma di qualità diversa (es. vitello adulto per vitello); animali ingrassati con sostanze non consentite (es. ormoni);
Per il latte:aggiunta di acqua ossigenata(H2O2) per ridurre una elevata carica batterica; vendita di latte per neonati prodotto con proteine di soia OGM; aggiunta di alcali per riutilizzare latte inacidito; latte in polvere reidratato; latte convenzionale venduto come prodotto biologico; latte pastorizzato venduto per fresco; presenza di colostro o latte mastitico; latte pastorizzato più volte; aggiunta di acqua;
Per la pasta: utilizzo di farine di grano tenero anziché duro (compromette le qualità organolettiche della pasta); -utilizzo di altri cereali meno costosi non dichiarati in etichetta (e conseguente decadimento qualitativo); utilizzo di semole di qualità scadente o avariate; aggiunta di additivi chimici o coloranti per imitare le paste speciali, le paste all’uovo o mascherare un determinato tipo di sfarinato;
Per il pane: non lo si porta a perfetta cottura affinché rimanga ricco di umidità e quindi più pesante (la legge stabilisce che la percentuale di umidità dipende dalla pezzatura, e varia dal 29% per le pezzature piccole fino a 70 gr, al 40% per pezzature grandi oltre 1 Kg ); aggiunta di grassi o ingredienti diversi da quelli consentiti o dichiarati; altre già elencate per la pasta;
Per il miele: aggiunta di zuccheri di origine diversa; miele venduto con origine botanica diversa da quella dichiarata; mieli extracomunitari non controllati, venduti per mieli italiani;
Per l’olio: oli di semi alterati con coloranti come clorofilla e betacarotene venduti per olio extra vergine di oliva; olio extravergine che contiene oli raffinati sia di oliva che di semi; oli all’origine qualificati non idonei trattati con piccole quantità di olio extra vergine raggiungono parametri validi; oli che non rispondono ai requisiti previsti dai regolamenti comunitari (che già farebbero inorridire e che per di più stanno cambiando grazie all’approvazione del Codex Alimentario dal Gennaio 2010)
Per il riso: riso venduto come prodotto nazionale proveniente dall’estero; varietà di qualità inferiore a quella indicata; miscela di diverse varietà; risi mal selezionati, conservati, vecchi o con aggiunta di chicchi rotti e elementi estranei;
Per il pesce: trattamento con nitrato di potassio (salnitro) per ravvivarne il colore; utilizzo di anilina e ammoniaca per ravvivare il colore delle branchie; tipo di pesce venduto con il nome di un altro di qualità e costo superiore(es. zanchette per sogliole, melù per merluzzi, ecc.); aria per fare sembrare i pesci più nutriti; acqua per farli aumentare di peso; prodotti scongelati per freschi o di allevamento per catturato in mare;
Per i vini: aggiunta di sostanze vietate: alcool metanolo(aumenta la gradazione), antifermentativi, aromatizzanti, coloranti, conservanti antiossidanti; vini ottenuti dalla fermentazione di zuccheri di natura diversa da quelli dell’uva (vietato in Italia ma consentito in altri paesi dell’Unione Europea); qualità non corrispondente a quella dichiarata in etichetta; eccesso di anidride solforosa; gradazione alcolica inferiore a quella prevista;
Per le uova: conservate in frigo e vendute come fresche; uova differenti dalla categoria di peso indicata; uova con la data di preferibile consumo superiore ai 28 giorni consentiti; in più non bisogna proprio pensare a come sono trattate le galline e a quante 'vaccinazioni' esse subiscono…orrori che mangiamo poi con le loro uova.
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sabato 13 febbraio 2010
La Calendula è fra le piante che mi hanno da sempre appassionato di più. Forse, in parte sarà dovuto ai racconti della mia nonna che ne narrava le incredibili virtù. E’ abbastanza comune e la si ritrova nei prati incolti e nel semicoltivato di orti, vigne e oliveti, dalla pianura fino a 600 metri d'altitudine. Da tutta la pianta si estraggono notevoli benefici, compresi i semi, a falce di luna, che genereranno nuove piante pronte a sbocciare ad ogni Luna nuova.

Nell´antichità l´utilizzo delle piante era associata a riti magici o religiosi, infatti, spesso la loro raccolta, preparazione e somministrazione era riservata a varie figure rilevanti all´interno della comunità come streghe, maghi, guaritori anziani, sacerdoti edotti, le cui conoscenze derivavano da una lunga tradizione orale. Originaria dell’Egitto e del bacino mediterraneo, la Calendola ha nome botanico : Calendula officinalis L. delle Asteraceae (Compositae). Ha come sinonimi : Caltha officinalis. Altri nomi comuni e regionali sono : Callandria, Calta, Cappuccina, Fior d’ogni mese, Fiorrancio, Garofano di Spagna, Margheritona. IL NOME Calendola ci arriva dal latino calendae, il primo giorno di ciascun mese, detta così ed anche “fior d’ogni mese”, per la sua attitudine a fiorire in quasi tutti i mesi dell’anno, gelo o siccità permettendo. Fiorrancio: dal colore arancione dei fiori. I francesi chiamano la Calendola Souci, che vuol dire affanno, inquietudine, perché la leggenda vuole sia un fiore nato dal pianto; altri dicono invece che Souci deriva dal francese medioevale solcie e questo dal tardo latino solsequia, che segue il sole, perché i fiori si aprono e si chiudono con la luce solare. Il che tornerebbe con la particolare proprietà metereologa della Calendula, di chiudersi se si avvicina un temporale. Se ne trovano di coltivate, ma la migliore nelle preparazioni erboristiche rimane in assoluto la Calendula officinalis spontanea. Dalla Calendula officinalis, nata dalle lacrime di Afrodite piangente la morte di Adone, coltivata da secoli, derivano tutti gli ibridi, molto belli, che oggi offrono i floricoltori: a fiore grande, a fiore semplice o doppio; in diverse sfumature di giallo o di arancione.

LE PROPRIETÀ MEDICAMENTOSE
Ai fiori di Calendola officinalis spontanea, la medicina popolare riconosce proprietà antinfiammatorie, antispasmodiche, depurative, diaforetiche, lenitive, cicatrizzanti, coleretiche, vulnerarie; in particolare emmenagoghe, queste ultime già decantate in tempi trascorsi dai seguaci della medicina signaturistica, che interpretavano la rifiorenza della pianta come segno di efficacia quale rimedio per i dolori periodici femminili. Per uso interno l’infuso di fiori è indicato per fluidificare la secrezione biliare e regolarizzare il ciclo mestruale; come anche nei casi di itterizia e disturbi epatici. Padre Vittorio Baroni, nel suo libro “ Dodici Piante Per I Mali del Secolo” edizioni Cantagalli, Siena-1990 " ne fa la migliore pianta per la cura dei tessuti fibramotosi di tutto il corpo.
( mi riservo di scriverne a parte, perché ho avuto numerose esperienze di questo tipo di preparazioni di Calendula a base di Oleolito per uso esterno e di Tintura Madre per uso interno)
Per uso esterno al decotto o all’applicazione della polpa di fiori freschi pestati, sono attribuite proprietà benefiche per guarire le contusioni, le infiammazioni cutanee, le punture di insetti, i geloni, l’acne, gli eczemi e per estirpare i calli. A Santa Ildegarda di Bingen ed Alberto Magno si deve una particolare celebrità della Calendola, come pianta officinale in Germania.

L’IMPIEGO NELLA COSMESI : se ne può fare un tonico per pelli secche, o un oleolito concentrato in olio di mandorle, una crema idratante antirughe e, con l’aggiunta di poche gocce di essenze di limone e lavanda (Oli Essenziali) un buon olio rigenerante e ammorbidente per la pelle di tutto il corpo. Fiori di Calendola e petali di Rose rosse nell’acqua del BAGNO detergono, decongestionano, ammorbidiscono ed idratano la pelle. Le mani arrossate e screpolate traggono giovamento da bagnature nel decotto. I vapori del decotto di Calendula e Camomilla sono decongestionanti per gli organi genitali, le emorroidi e, sempre con l’aggiunta di Oli Essenziali di eucalipto anche Fumenti per decongestionare naso e gola.
I fiori possono essere usati per dare una lieve colorazione gialla ad alcune preparazioni culinarie o per guarnire piatti, insalate, e i boccioli sono migliori dei capperi se colti ancora chiusi e messi sotto sale o sotto aceto.
ALTRI USI : I fiori possono essere usati per tingere filati e tessuti in un delicato tono di giallo.
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Le foto sono tutte prelevate da Intenet
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venerdì 12 febbraio 2010
Per ottenere una Tintura Madre si usano piante fresche macerate in alcol e acqua nella proporzione, di una parte di pianta a 5 parti di alcol (alcol alla gradazione richiesta dalla ricetta).
Preparazione :
nella ‘farmacia domestica’, si usava dividere un contenitore di vetro con tappo, in 6 parti uguali. Nella prima parte si metteva la pianta fresca sminuzzata a mano, si riempie di alcol fino alla quinta parte, mentre la sesta parte si lasciava vuota; a questo punto si chiudeva il barattolo e si poneva al sole, o al calore vicino una stufa, agitando tutti i giorni per un tempo da 21 a 28 giorni. Passato questo tempo, si filtrava con un colino o con una garza e si riponeva la tintura medicinale ottenuta in piccole bottiglie di vetro scuro con contagocce che venivano riposte in un luogo fresco e buio e potevano durare attive fino a due anni.



Personalmente, per i disturbi miei e di alcuni familiari, adotto ancora questo sistema, la tintura Madre é molto pratica anche da portarsi in viaggio. Per fare una Tintura Madre di Calendula, di Alloro bacche, di Bardana radice, di Ginepro ecc., uso dell' Acquavite a 50°, quindi ho già la soluzione alcolica desiderata, senza diluire con acqua ed alcol, tanto più che l’acqua è contenuta nella pianta fresca. E’ possibile usare superalcolici come vodka (frumento), gin (ginepro), slivoviz (prugne), kirsch (ciliege), obstler (mele), ogni tanto anche cognac (uva), whisky (cereali), calvados (mele) e altri, se sicuri della qualità della loro provenienza. Ho conosciuto anziani preparatori del nord Italia che nelle loro tinture “sposavano” il super alcolico alle virtù della pianta, (per esempio il gin e erbe per fare una tintura antireumatica). Sui vecchi ricettari era sempre presente la preparazione e i gradi a cui fare la tintura. Per Tinture Madri dove occorre una alcol maggiore sui 60°, 70°, 80° gradi, procedo come da Tabella dei gradi Alcolici Desiderati, del post precedente.

Ricordo che :
l’uso delle Tinture Madri medicinali può provocare effetti indesiderati a dosi o
prescrizioni sbagliate. Consigliatevi sempre con il vostro medico curante.


Per “annullarne” l’effetto alcolico, quasi mai consigliato a bambini e a sofferenti di fegato, si usa metterne la dose in gocce in una tazzina, si versa sopra poca acqua bollente, e poi, una volta tiepido si beve il tutto, operando in questo modo l’alcol sarà “svaporato”
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L'immagine d'apertura é la dea Demetra, by internet
giovedì 11 febbraio 2010
Gli Alcoliti o Tinture Idroalcoliche, o Tinture Madri, sono delle preparazioni liquide a base di acqua e alcol. Secondo la Farmacopea Ufficiale Italiana, vi è un rapporto ben preciso d’estrazione fra ogni pianta e soluzione idroalcolica (= acqua + alcol), stabilito di 1 su 10 (R.E. 1:10, ossia rapporto estrattivo di 1 parte di pianta su 10 parti di alcol) calcolato sul residuo secco di ogni pianta da trattare; questo sistema è utile per i laboratori al fine di controllare il grado alcolico della soluzione finale, che deve essere uguale per tutti i prodotti in commercio sul territorio nazionale.
Anche nella tradizione popolare casalinga, le tinture si preparano facendo macerare le erbe in alcool. I principi attivi passano nel solvente alcoolico ed hanno un'azione più energica di quelli contenuti in infusi e decotti. L'alcol generalmente usato é :
- alcol etilico destinato al consumo alimentare (il "Buongusto" a 95° gradi in vendita nei supermercati per fare i liquori).






La prima cosa da sapere è come da un alcol di 95° gradi sia possibile ottenere una preparazione alcolica inferiore, quindi un idro-alcolico, tintura o alcolito.

Per diluire alcool etilico di 95º (spirito per liquori) si può usare acqua (pre bollita e lasciata raffreddare o distillata), ci si munisce di un contenitore da 1 Litro e di un contenitore "bricco misuratore graduato in millilitri ", e si segue la seguente Tabella sotto riportata. Si versa l'alcool etilico occorrente di 95º in un recipiente della esatta capacità di 1 litro, si aggiunge tanta acqua fino a raggiungere l'esatto volume di un litro, quindi si agita bene. Si consiglia di diluire l'alcol con l'acqua distillata, aggiungendo (dopo previo calcolo) l'alcol all'acqua, sempre mescolando (non viceversa, perchè può intorpidirsi, specialmente quando si cerca di ottenere una soluzione idroalcolica dai 40 in su).



Tabella dei Gradi Alcolici desiderati

in blu il grado alcolico desiderato e
in rosso la quantità di alcool etilico a 95°


20° .......210 ml + acqua per raggiungere 1 L.
30°...... 310 ml + "
40°...... 410 ml + "
50°...... 510 ml + "
60° ......615 ml + "
70° ......720 ml + "
80 ° ......830 ml + "
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NOTA : I volumi indicati, in considerazione del tipo di utilizzazione che spiegherò in seguito, sono stati volutamente arrotondati. Non per questo risulteranno meno efficaci.
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martedì 9 febbraio 2010
...Miti e leggende sono favole a cui solo i poeti e i bambini possono dare credito, ma i bambini e i poeti dicono che anche le leggende sono vere e che bisogna ascoltarle, perché a chi le ascolta sanno svelare segreti incredibili…
La melagrana sembra uno scrigno ripieno di pietre preziose. Appartenente alla famiglia delle Punicaceae e al genere Punica, il Melograno ha foglia caduca e vanta due specie principali: il granatum e il proto punica, fiorisce tra Giugno e Agosto. La parte commestibile del frutto detto Balausta (solo della specie P. granatum) è costituita dalla succosa polpa rossa che ricopre i semi dal sapore gradevolmente acidulo. http://it.wikipedia.org/wiki/Punica
Molti popoli reclamano l’origine del Melograno nelle proprie terre, così sembra che questa pianta abbia origine ovunque. Gli antichi Egizi avevano la consuetudine di porre all’interno dei sepolcri i frutti di melograno. I babilonesi credevano che masticare i semi di melograno prima delle battaglie, li rendesse invincibili. Il Corano cita tre volte il melograno, due volte come esempio di cose buone create da Allah, e una volta come frutto trovato nel giardino del Paradiso. Nella tradizione ebraica il melograno era un calice a forma di corona, simboleggia il “disegno” originale per la vera corona.

Nella tradizione indiana i semi del melograno vengono usati come spezia, conosciuta col nome di anardana. I semi essiccati sono usati per acidificare le salse chutney (salsa indiana a base di frutta e spezie) e curry. I semi del melograno selvatico “daru dell’Himalaya “, sono considerati i migliori in qualità per preparare questa spezia. Nella lontana Cina i neosposi mangiavano la melagrana per benedire le nozze; le spose turche invece, la lanciavano a terra perché in questo modo scoprivano quanti erano i figli che avrebbero avuto, contavano i chicchi che uscivano dal frutto. Sempre in Turchia, il succo del melograno è considerato una panacea rinvigorente da dare stagionalmente ai giovani e alle persone debilitate, viene usato tuttora, come condimento per l’insalata e per marinare la carne. In Grecia, secondo una leggenda, fu Afrodite che impiantò questo albero a Cipro. Persefone aveva mangiato sei chicchi di melagrana offerti da Plutone per farle dimenticare la madre Demetra e fu condannata a passare sei mesi l’anno nell’Ade. Demetra era la madre di tutti gli dei, protettrice del matrimonio e della fertilità. Le donne ateniesi mangiavano i semi del frutto per conquistare fertilità e prosperità; i sacerdoti erano incoronati con rami di melograno ma non potevano mangiarne i frutti. E’ tradizione greca rompere un melograno durante i matrimoni, a Capodanno e quando si compra una nuova casa (il melograno è il primo dono che anche oggi gli ospiti portano) perché simbolo di abbondanza, fertilità e fortuna. Per lo stesso motivo, le decorazioni che riportano immagini del melograno sono molto comuni in Grecia e, proprio nella lingua greca, il nome usato per la melagrana, ha il significato uguale allo “ scorrere della forza dell’universo”. Ho pensato, a volte, che il segreto potere di questa stupenda pianta del Melograno, potrebbe essere la virtù mnemonica che esso sembra ‘risvegliare’ nel corpo e nell’anima, portando l’essere umano verso l’immortalità dello spirito.
Gli utilizzi del Melograno sono numerosi, specialmente nella tradizione medio orientale. Il suo succo è una bevanda molto comune, ricca di fibre, potassio, vitamina C e niacina (Vit.PP). Il succo addensato e zuccherato è chiamato granatina, sciroppo usato in passato per la preparazione di aperitivi (oggi ottenuta per lo più con agrumi ed essenze aromatiche). Il succo viene usato anche come antisettico se applicato sulle piccole ferite. I frutti del Melograno hanno proprietà astringenti e diuretiche, ma in alte dosi e bevuto a lungo nel tempo, possono risultare eccitanti del sistema nervoso e dei battiti cardiaci. L’epidermide biancastra del frutto, risulta costituita per oltre il 30% da tannini da cui è possibile ricavare un colorante giallo impiegato nell’artigianato degli arazzi nei Paesi Arabi. Dalle radici è possibile ricavare coloranti utilizzati nella cosmesi. Interessante è anche l’impiego del Melograno come pianta medicinale: la corteccia contiene alcaloidi, i fiori ed i frutti tannini e mucillaggini. La corteccia è un potente tenifugo, è velenosa e da usare con molta cautela. I fiori si usano in infuso contro la dissenteria: INFUSO: sminuzzare 3 grammi di fiori seccati di Melograno in una teira, bollire 150 ml d’acqua e versarla nella teiera. Coprire, lasciar intiepidire ma non freddare. Un bicchiere al bisogno come ottimo astringente intestinale.
Il succo di Melograno viene usato come tintura naturale per i tessuti non sintetici infatti macchia i vestiti in modo permanente, può essere eliminato solo se lavato con candeggina. La buccia delle Melagrane serve alla medicina sotto il nome di Malicorium, nome che Plinio fa venire da Corium (pelle) dicendo che il volgo si serviva di questa buccia per conciare le pelli. Anche le foglie del Melagrano erano usate nella medicina Spagyrica come astringenti intestinali. Gli artigianati artistici usano le foglie nei paesi ove questa pianta cresce spontanea, per tutte le operazioni di conciatura delle pelli e a fissare il color nero delle stoffe. Infine, il succo di Melograno si usa nella nostra cucina per macedonie di frutta, gelati, marmellate, per cucinare primi piatti, carni e intingoli a base di pesce.

Fra tamburi di rovere
danzano nubi scure,
e piove,
nel tempo che annuncia
le timide viole…
Che sia gramigna, prezzemolo o equiseto,
tutto profumerà di ieri anche domani.



E’ vicino il tempo dello spuntar boschivo delle violette. La viola mammola o del pensiero, nome botanico: viola odorosa, della famiglia delle violacee, dalla fine di Febbraio a Maggio fiorisce. Per farne uno sciroppo per la tosse, il suo periodo balsamico migliore è (in Toscana) la metà di Marzo.
Per altri usi di cucina e come bibita di conforto, io comincio a fare lo stesso sciroppo etichettando in modo diverso le bottigline: per la tosse o per i dolci.
Sciroppo di violette - Preparazione:
raccogliere i fiori delle viole odorose. Coprire d'acqua bollente e lasciare a macerare durante la notte in un vaso di vetro tappato e avvolto in una coperta di lana. Il giorno dopo, scolare e pressare il succo attraverso un panno. Aggiungere al liquido ottenuto, il succo di un limone intero spremuto e filtrato. A questo punto…Quanto liquido avete ottenuto?
Io uso, per orientarmi, quelle “brocche da litro tarate in ML” generalmente disponibili nei supermercati in versione da 1 L. (1000 ml) o da mezzo Litro (500 ml.). Metto il macerato di viole con limone nel bricco misuratore e raddoppio il livello, aggiungendo lo SCIROPPO SEMPLICE (vedi post precedente). Ad esempio, se ho 100 ml, aggiungerò lo sciroppo semplice fino a 200 ml. Quindi metto il macerato di viole 'raddoppiato' di sciroppo semplice in un pentolino di acciaio inox, scaldo il tutto ma non porto a ebollizione. Togliere la “pellicina o pellicolina” che si forma sopra con il cucchiaio li legno, poi travasare caldo in piccole bottiglie scure, tappare e metterle coperte in panni di lana per un giorno, quindi riporle al fresco, lontane dalla luce. Oltre che per guarnire dolci e dessert che potrete inventare, questo sciroppo, se le viole son raccolte nel loro periodo balsamico e in giornate asciutte e assolate, risulterà essere un buon lenitivo della tosse, che piacerà tanto anche ai bambini
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La foto d'apertura é di: Vladimiro Ferrari
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PS: per chi avesse dei dubbi sulla procedura da seguire, può scrivermi alla email rimaio@tiscali.it
La preparazione degli sciroppi medicinali era già conosciuta dagli antichi medici arabi. In Europa sono stati introdotti durante l'Alto Medioevo. La parola sciroppo deriva, infatti, dall'arabo scharab o scherbet, che significa "bevanda zuccherina". Gli sciroppi sono composizioni viscose che contengono circa il 50-65% di zucchero, che è essenziale per la conservazione del preparato stesso. I microrganismi non proliferano in ambienti saturati dallo zucchero, che se molto concentrato priva i microbi dell'acqua necessaria al loro sviluppo.
Come si fa : Mettere a riscaldare a fuoco lento acqua e zucchero, fino a che lo zucchero risulterà ben sciolto e la soluzione apparirà trasparente. Ritirare dal fuoco e filtrare utilizzando una tela fine o un colino in acciaio inox. Questo è il procedimento per fare uno ”sciroppo semplice”.
Se a questo sciroppo semplice si aggiunge un infuso, un decotto, una tintura, degli oli essenziali o il succo della pianta medicinale desiderata, si avrà uno ”sciroppo medicinale”.


Un consiglio per prenderci pratica, potrebbe essere quello di iniziare a fare uno sciroppo semplice, con una unità di misura scelta da voi, ad esempio un piccolo bicchiere o una tazzina, si riempie lo stesso contenitore scelto, per sei volte di zucchero e si svuota in un pentolino di acciaio inox. Subito dopo, lo stesso contenitore (bicchiere o tazzina) si riempie per quattro volte di acqua e si aggiunge allo zucchero; accendere il fornello a fuoco lento e girando con un cucchiaio di legno, si accompagna fino alla bollitura. Appena si osserva che il composto bolle e si “solleva” quasi a voler fuoriuscire dalla pentola…continuare a girare col mestolo di legno fino a che, d’un tratto, lo “schiumare” finirà ed il tutto ritornerà limpido e chiaro..Ecco, è il momento di spegnere e lasciare raffreddare. Conservare in una bottiglia di vetro tappata e al riparo dalla luce. A questo sciroppo semplice, base di ogni altra preparazione, poi si proseguirà aggiungendo infusi, tinture ecc. come meglio proverò a spiegare in seguito.

APPLICAZIONI DELLO SCIROPPO: Lo sciroppo medicinale si utilizza per uso interno bevendolo a cucchiaiate, secondo la pianta e il disturbo da trattare.

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venerdì 5 febbraio 2010
L’acqua calda è un toccasana per molti di noi, ed in qualunque stagione. Appena svegli, mentre si prepara (per chi usa farla) la prima colazione, è appropriato bere un bicchiere di acqua calda + uno di acqua a temperatura ambiente (o il contrario, se si preferisce), é una buona abitudine per il nostro apparato digerente, intestino compreso! Un infuso rilassante poi, bevuto alla sera prima di coricarsi, o magari solo dell’acqua calda, ci renderanno il sonno migliore. Dopo un pasto sconclusionato o mangiato in fretta, a volte capita di sentire lo stomaco “sottosopra”. Acqua calda con infuso uno spicchio di limone (il famoso “canarino” ) oppure: un pizzico di bicarbonato di sodio (FU, da prendere in farmacia, perché in quelli del supermercato potrebbero essere presenti dosi eccessive di metalli pesanti, non sempre purificati) e così proveremo, dolcemente, a riportare la digestione in una nuova fase, più armonica. A casa mia si usava aggiungere il pizzico di bicarbonato al “canarino” e “friggeva” tutto come spumante, ci dicevano di berlo mentre “spumeggiava” e devo dire che..funzionava bene!
I benefici delle acque calde continuano, con la loro bollitura e l’uso dei suoi vapori, vediamo come: Per realizzare i differenti preparati di seguito elencati, si raccomanda di non usare utensili di alluminio, ferro o rame.
INFUSO: È il metodo più usato per estrarre i poteri curativi da fiori e foglie.
Consiste in una soluzione ottenuta sottoponendo alcuni minuti una pianta all’azione dell’acqua bollente. Si ottiene mettendo le parti della pianta in un recipiente adeguato, tipo teiera, aggiungere acqua bollente, coprire e lasciar riposare da 3 a 20 minuti (o più, a seconda della pianta). Filtrare.
L’infuso si usa per via interna, caldo o tiepido, mai freddo, e può essere dolcificato con poco miele. Per l’uso esterno di un infuso, seguire le stesse applicazioni del decotto.

DECOTTO: È il procedimento che si usa per estrarre i poteri curativi da cortecce, radici, semi, ma anche da foglie e steli. Si ottiene facendo macerare la pianta in acqua fredda per 5, 10 minuti, poi si porta a ebollizione, da prolungare dai 5 ai 20 minuti o più, a seconda della pianta da trattare, in un recipiente chiuso con coperchio. (le radici e le cortecce si fanno bollire più a lungo di foglie e steli).
Si ritira dal fuoco, si lascia riposare qualche minuto e si scola con un passino con una tela fine.
APPLICAZIONI DI DECOTTI E INFUSI: il decotto può essere usato per via interna, sorseggiato tiepido o freddo, (può essere dolcificato con poco miele). Per via esterna decotti e infusi trovano applicazione nelle seguenti forme:
COMPRESSE, PEZZE: si immerge nel decotto (caldo, freddo o tiepido a seconda dell’effetto desiderato) un panno pulito, si spreme e si colloca sulla parte affetta. Le compresse si applicano in genere per far maturare gli ascessi, curare infezioni della pelle, decongestionare e alleviare il dolore.
BAGNI, SEMICUPI, PEDILUVI: con il decotto di erbe prescritte si applica il bagno tiepido o caldo sulla zona affetta. I bagni e i semicupi si usano, generalmente, per tonificare, purificare e rilassare l’organismo.
LAVAGGI e fumenti VAGINALI ( oggi in assoluto disuso, erano invece eccezionali per ridurre fastidiose patologie come la candida e il tricomonas, oppure per le emorroidi. Si procede in questo modo: in una bacinella versare un decotto di camomilla (anche le bustine reperite in erboristeria) e calendula, che abbiano bollito insieme per 10 minuti. Quindi, porre la bacinella in terra o in altra posizione più comoda, un asciugamano grande intorno alla vita e…pian piano (rispetto all’eccesso del calore che è da evitare per non provocarsi scottature) ci si posiziona sempre più vicini, sopra al fumo che emana dalla bacinella fumante, per la durata di circa 15, 25 minuti. Da ripetere, se possibile, due volte al giorno. Sarebbe meglio applicare, alla fine, un unguento adatto; oppure un oleolito di calendula fiori. Per la zona anale, in mancanza d’altro, si può usare un poco di olio o di burro.

E ancora, per : INALAZIONI, CLISTERI, FUMENTI, GARGARISMI, SCIACQUI

Per alcuni dolori esterni del nostro corpo, là dove è consigliato, la “borsa” dell’acqua calda é sempre un piccolo, grande e valido aiuto.